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Posts Tagged ‘aids’

In questa veglia pacificami il cuore

Ieri sera è saltata l’energia elettrica in tutta Olinda. A dire il vero non proprio in tutta. Continuavano ad essere illuminati l’ Hotel 7 Colinas e il convento delle suore. Mi sono steso in amaca, profilattato per la trombosi venosa profonda, cercando di ripercorrere tutti questi mesi da curandero alla ricerca del paziente perfetto. C’è stato un parimerito. J.O., 27 anni, AIDS, neurotoxoplasmosi, tubercolosi polmonare, candidiasi esofagica e una probabile retinopatia per l’HIV. E M.J., 40 anni, AIDS, tubercolosi miliare, neurosifilide, epatite C e trombosi venosa profonda. Che cosa debba poi avere un paziente per essere perfetto proprio non lo so. Passare da paziente a caso interessante è molto rapido, soprattutto se ad armeggiare sono le mani di giovani medici desiderosi d’apprendimento. Ma forse è perfetto solo quello che sopravvive.

Atelettasia polmonare in giovane democratico

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La chiave della felicità è la disobbedienza

Le ultime settimane sono passate molto velocemente, quasi come gli edifici di Recife si susseguono dal finestrino dell’autobus, voglio vederli tutti, per quanto siano opere dal gusto discutibile, miscela di securitarismo yankee e scimmiottamento latino. Questa esperienza brasiliana sta per giungere al termine. Per quanto tempo l’avevo sognata, dalla luce al neon di una sala studio che mi ha sequestrato per circa 22 mesi fino al chiudere i conti con la vita accademica e la tracotanza dei vari baroni e baronetti. Che pure mi avevano divertito nell’ultimo periodo quando alcuni di loro arrivarono a scambiarsi buste con proiettili. Molto punk.

Ma come cantano gli Afterhours “[…] maledico il modo in cui sono fatto, il mio modo di morire sano e salvo, dove m’attacco, il mio modo vigliacco di restare sperando che ci sia quello che non c’è”. E proprio perchè non mi piace morire sano e salvo me ne sono andato. E continuerò ad andarmene, alla ricerca di qualche cosa che mi meriti, la chiave della felicità è la disobbedienza a quello che non c\’è.

Neurotoxoplasmosi in giovane democratico (TAC)

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Questa razza umana che adora gli orologi e non conosce il tempo

La notte scorsa è morta la mia terza paziente da quando sono qua. L’ultimo di sei puerperi le è stato fatale. Ma dove non è arrivata la natura, il puerperio appunto che abbassa difese immunologiche già precarie e tono dell’umore, arriva l’uomo. E in particolare il chirurgo. La paziente era stata operata il primo di maggio per un addome così detto acuto.

CONIGLI

Nello specifico non cacava da 13 giorni e aveva una panza come un cocomero. Aperta e poi richiusa, senza riscontrare nulla. Laparatomia bianca, si dice. La paziente ha continuato vomitando merda (il che significa che l’ostruzione non era stata risolta) per i successivi 12 giorni fino a che una più che inevitabile sepsi è subentrata, facendola crepare di dolore. Il chirugo è una specie in estinzione, soprattutto per i pazienti con HIV. L’HIV è visto ancora come il virus che può causare qualsiasi cosa ed in parte è vero. Ma è stato qua in Brasile che ho visto cosa significa lo stigma della malattia ed in particolare dell’AIDS, sopratutto tra i chirurghi. Deve essere una questione di schizzi di sangue. Certo è che un chirugo che non opera non serve a nulla e fare chirugia clinica è molto facile. D’altronde come mi disse una volta uno specializzando in chirurgia, riportando una frase di un suo vecchio professore, LA NATURA E’ GRANDE, LA MEDICINA E’ PERICOLOSA, LA CHIRUGIA E’ MORTALE.

Con la resposabilità di male esercitare una professione aiutati dal fatto che i pazienti sono poveri, male informati, qualcuno ha l’AIDS  e che quindi ci sarebbe stato ben poco da fare.

Non per questo il 51 si trasforma in 52

Il concetto di limite, di confine, di normalità è molto pericoloso. In geografia così come in medicina. Perchè lo sia in geografia lo descrive molto bene Paco Ignacio Taibo II in Rivoluzionario di passaggio nelle gesta di Sebastian San Vicente, un compagno che non considera “illegale” varcare una frontiera poichè non nota differenze tra la foresta del Guatemala e quella messicana. Gli alberi, dice, non hanno passaporto.

In medicina il discorso è amplificato in psichiatria e nella stessa clinica, quando oltre un certo limite c’è l’indicazione all’uso di un farmaco. Non mi dilungherò molto sulla psichiatria perchè forse meriterebbe un post a parte, dico solo che onestamente non me la sento di smanettare nei livelli di serotonina, dopamina e noradrenalina di una persona. Tutto ciò è rinforzato dal fatto che i miei compagni di corso che, potrei definire biunivocamente più problematici, hanno poi deciso di fare gli psichiatri. Qualcosa non torna, o forse sì. Ma dicevo del concetto di normalità in clinica.

normalità

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